Solo ora vedremo l’Obama del “Yes we can” di quattro anni fa. In english also

In America ha vinto la modernità, la tolleranza, il multiculturalismo, la partecipazione di tutti, le minoranze, le condivisioni, la solidarietà e la democrazia.  

Ha perso l’America del becerume intollerante con i “diversi”, della “razza bianca”, della finanza speculativa, dei pochi a scapito di molti, dei privilegi, delle lobbies, dei pistoleri e dei militaristi esportatori di democrazia. Disvalori di un partito repubblicano ormai da rottamare per sempre.

La nuova vittoria e la fiducia della maggioranza degli elettori americani, permetterà a Barack Obama di essere davvero quello per cui era stato eletto quattro anni fa, paradossalmente solo ora, libero da vincoli elettorali futuri, vedremo l’Obama del nuovo sogno progressista americano, quello del vecchio “yes, we can”.

Solo oggi, guardando a quattro anni fa, inizia la limpida aurora del riscatto dell’America delle cose vere, contro linutilità del finto artificiale e del superfluo del sogno americano.

Tutto il mondo ne beneficerà. Una nuova coscienza ed un nuovo modo di vedere le cose. Così sarà per un futuro diverso e più solidale con tutti.

In Italia, questi valori, espressi anche nel discorso di Obama, sono rappresentati e portati avanti coerentemente dal MoVimento 5 Stelle.

Via: Solo ora vedremo lObama del “Yes we can” di quattro anni fa. In english also.

Quelli che “l’avevano detto”…

Di Marco Travaglio

Foto di tsevis da flickr.comIl primo a sbilanciarsi, il 7 marzo, fu Gianfranco Fini: “Gli Stati Uniti non sono ancora pronti per un presidente nero”. Ma il momento decisivo per le sorti delle elezioni americane fu la discesa in campo di Giuliano Ferrara, stregato da Mc Cain, ma soprattutto da Sarah Palin: “L’abbiamo scoperta noi”, gongolava il Platinette Barbuto, noto esperto in fiaschi, esaltando le virtù profetiche del suo talent scout addetto alle catastrofi, Christian Rocca, già noto per aver annunciato il trionfo in Irak e per aver scoperto i neocon quando negli States non osavano più mettere il naso fuori di casa. Ecco, quello fu il momento della svolta per Obama. Lì fu chiaro a tutti che McCain era spacciato.

Per chi avesse ancora dei dubbi, provvidero a dissiparli gli interventi in extremis di due noti analisti padani, Roberto Castelli (“Mc Cain è una garanzia per la difesa della civiltà cristiana sotto attacco dei musulmani”) e Roberto Cota (“John offre maggiore sicurezza contro l’Islam”), nonché del noto stratega Maurizio Gasparri (“Dovesse vincere Obama, prenderei le distanze della Casa Bianca”). Non che la palma delle previsioni sballate sia un’esclusiva italiana. Ancora il 2 novembre John Zogby, “il guru dei sondaggi”, comunicava che “Mc Cain è in rimonta e può vincere, ormai ha superato Obama, 48 a 47%”. Ma i provincialotti italioti che scambiano le speranze per la realtà e pensano di orientare dall’Italia il voto americano, non ci han fatto mancare proprio nulla. Soprattutto sugli house organ di Berlusconi, che solo un mese fa passeggiava mano nella mano con l’amico Bush, lo sguardo rapito, il cuore palpitante, ripetendogli che “sei stato un grande, presto ti verrà riconosciuto, passerai alla Storia”, mentre persino George lo guardava scettico e persino McCain pregava il presidente più impopolare del secolo di non farsi vedere dalle sue parti. Continua a leggere