Le certificazioni statistiche del fallimento di Berlusconi

Ormai solo le casalinghe disperate ed i tifosi da bar dello sport potrebbero dargli ancora credito, gente disadattata, ignorante e preconcettualmente inutile. Questi gli elettori della destra al governo. Di seguito alcuni ritagli di articoli di giornali che certificano incontrovertibilmente il più grosso miserabile fallimento umano e politico degli ultimi 150 anni: Silvio Berlusconi. L’uomo che sarà ricordato come colui che prese per il culo metà degli italiani per circa 20 anni con promesse vuote e bugiarde. Con lui, colpevoli i suoi elettori, i conservatori fascistoidi e clericali ignoranti. Gente miserabile, razzista ed oltremodo inadatta a rappresentare la classe dirigente di un paese.

       

“Avanti c’è posto”: è nato il “governo dei disponibili”

È nato il “governo dei disponibili”. Pronti a tutto, pur di lucrare una poltrona ministeriale. L’infornata dei nove sottosegretari promossi dal gruppo di Iniziativa Responsabile dà la misura dell’abiezione etica della maggioranza, costretta a pagare la cambiale in bianco firmata a un drappello di scissionisti-opportunisti fuoriusciti da Futuro e Libertà. Ma dà anche la misura della disperazione politica del presidente del Consiglio, costretto a imbarcare chiunque, a prescindere dal curriculum personale e persino della fedina penale, pur di sopravvivere al suo declino. “Su queste nomine ci saranno delle ironie”, dice Silvio Berlusconi con il consueto sprezzo del ridicolo. Si sbaglia.

L’ironia si può usare di fronte a un episodio che stona, infastidisce, ma in fondo fa sorridere. Qui non c’è niente da sorridere. Anche se lo spettacolo indecente a cui stiamo assistendo è sospeso a metà tra “Aggiungi un posto a tavola” e “Ok il prezzo è giusto”.

La cooptazione dei “disponibili” è un altro passo verso una “democrazia dei miserabili” dove tutto si può negoziare, tutto si può vendere e tutto si può comprare. Ben oltre l’articolo 67 della Costituzione e l’assenza di vincolo di mandato. E non serve a niente, agli impalpabili Catoni del premier, dire che “così facevan tutti”, compresi i governi dell’Ulivo e gli “straccioni di Valmy” di Cossiga.

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I tentacoli di Berlusconi stanno per soffocare la rete. Il Fatto Quotidiano

I tentacoli di B. stanno per soffocare la rete Non bastano i Minzolini, i Ferrara, i Vespa, i Fede, i Signorini, i Belpietro. Per controllare veramente l’informazione qualcuno deve aver spiegato a Berlusconi che occorre mettere le mani su internet. Con i dati che segnano una crescita esponenziale degli utenti che navigano, ma soprattutto di quelli che s’informano in rete, bisognava correre ai ripari. Ma come? Non siamo mica in Iran o in Cina, dove si possono censurare i blog e i siti contrari al regime senza doverne poi rispondere.

A risolvere l’inconveniente ci ha pensato Romani, l’ex imprenditore tv promosso a ministro dello Sviluppo economico: basta prendere una scusa qualsiasi, come il sospetto della violazione del copyright, e un organo amministrativo di nomina politica, come l’Agcom, ed ecco che viene sfornata una delibera che permette di chiudere l’accesso a interi siti internet stranieri in modo arbitrario e senza il controllo del giudice! Vi sembra impossibile? Una roba da dittatura? E’ quello che potrebbe succedere a giorni, se i membri dell’Autorità per le comunicazioni dovessero votare favorevolmente alla delibera 668 del 2010. In pratica l’Agcom, delegata dal ministro Romani in persona, avrebbe il compito di spulciare tutti i siti internet. Trovata la violazione del copyright, e cioè una canzone pubblicata su un blog, oppure un testo di una poesia, o un software libero, sempre l’Agcom avrebbe il compito di rimuovere il contenuto dal sito internet, se italiano, oppure di chiudere interamente i siti, se posti fuori dal territorio italiano. E qui si sta parlando di siti internet come WikiLeaks, YouTube o The Economist. Non male come misura a propria disposizione per uno come Berlusconi, che viene criticato dai media stranieri un giorno sì e l’altro pure, non trovate?

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Addio ai bagni di folla Silvio scopre l’ira della piazza

Da gennaio a oggi si sono moltiplicate le contestazioni popolari contro il premier. Per evitare le urla ieri ha lasciato la chiesa di Santa Maria degli Angeli dalla sacrestia

di FILIPPO CECCARELLI

Quando i fischi diventano la musica del potere, come minimo quel potere non gode buona salute, come massimo è in serio pericolo.

C’è poco da spiegare che si tratta di contestazioni organizzate. Certo che lo sono, ci mancherebbe. I berlusconiani lo sanno molto bene. Appresso a Prodi, durante il suo breve governo, mandavano regolarmente squadrette di fischiatori. Ma come avvenne in quel caso, il fischio si fa interessante quando ai contestatori si aggiungono i cittadini qualunque, i passanti, i turisti; e allora quel rumore di fondo, con le dovute variazioni di buuu e improperi, segnalano comunque un evento che si colloca tra la fine dell’incantesimo e l’inizio del disfacimento.

Ieri l’indice sonoro d’impopolarità berlusconiana, con tanto di dribbling della folla attraverso l’uscita posteriore della michelangiolesca Santa Maria degli Angeli e dei Martiri, è salito ben sopra il livello di guardia; e tanto più se si considerano i pregressi fischi e la notevole serie di episodi, per lo più spontanei, ma certo poco simpatici nei confronti del Cavaliere, che con qualche acribia si sono registrati a partire dall’inizio di questo per lui ingrato 2011.

E dunque il 18 di gennaio, mentre Berlusconi sta andando da Napolitano per parlare del 150° e del Rubygate, a piazza del Quirinale una piccola folla nota l’auto del presidente del Consiglio e “si lascia andare – secondo l’espressione di un notiziario Rai – a qualche fischio”. Otto giorni dopo, sotto Palazzo Chigi, un classico del repertorio berlusconiano,

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Silvio nella tenda di Gheddafi

“Muammar, ti presento i miei”. La Libia brucia e Berlusconi deve ricordare con una punta di malinconia quel sabato d’estate che lui e Gheddafi trascorsero nella tenda del rais a sfogliare Chi: sulla copertina il premier campeggiava con in braccio il nipotino Alessandro, e accanto Veronica. Ai tempi – 30 agosto 2008 – Silvio amava ripetere “tengo due famiglie: una è la mia e l’altra sono gli italiani”. E faceva il ganassa con i sondaggi: “Ho il 70,2 per cento dei consensi, una cosa francamente imbarazzante…”. Ora non è dato sapere se fu proprio quel pomeriggio che il rais lo rese edotto di una pratica che il colonnello chiamò bunga bunga, è certo che Silvio gli regalò un leone d’argento e due penne; seguirono poi altri dieci incontri, tanto che Massimo D’Alema lo scorso 29 novembre sbottò: “Credo che il governo sia andato in Libia 27 volte, nessuna mai in India, questo è un tema per riflettere sulla politica italiana…”Si precipitò nel deserto libico anche Vittorio Sgarbi, allora sindaco di Salemi, e fu una visita memorabile. Disse il D’Annunzio di Salemi: “Colonnello, la Sicilia aspira all’autonomia dall’Italia, potrebbe approfittarne per annetterla alla Libia!”. Il dittatore pare che scoppiò in una grassa risata, e a quel punto nessuno fermò più Sgarbi: “Perché non viene a candidarsi in Italia alle prossime elezioni, naturalmente contro Berlusconi? Sarebbe un buon confronto…”.

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L’Italia vista dagli Usa: “Con Berlusconi paese ormai in declino”

Le valutazioni della diplomazia statunitense contenute nei nuovi documenti segreti. “La reputazione in Europa è lesa”. “Il premier danneggia l’Italia ma ci è utile e non dobbiamo abbandonarlo, alla fine ne trarremo vantaggi”di FABIO BOGO

Quattromila cables riservati filtrati dall’ambasciata Usa a Roma, oltre 30 mila pagine di documenti finora segreti che raccontano l’Italia e i suoi protagonisti dal punto di vista critico e sferzante del suo più importante alleato. E molti di questi con un denominatore comune: il declino del ruolo internazionale dell’Italia è strettamente legato all’immagine di Silvio Berlusconi, l’uomo che la guida e la condiziona dal 1994, l’anno della sua discesa in campo. Dal 2002 al 2010 parlano ambasciatori, segretari di Stato, diplomatici di alto livello, politici di primo piano. Tutte comunicazioni rigorosamente classificate. Tutte rigorosamente destinate a restare riservate. Tutte, adesso, contenute nei cables che WikiLeaks ha ottenuto e che l’Espresso, in collaborazione con Repubblica, comincia da oggi a pubblicare.

UN PREMIER CHE OFFENDE TUTTI
“Il premier Silvio Berlusconi con le sue frequenti gaffes e la scelta sbagliata delle parole” ha offeso nel corso del suo mandato “quasi ogni categoria di cittadino italiano e ogni leader politico europeo”, mentre “la sua volontà di mettere gli interessi personali al di sopra di quelli dello Stato ha leso la reputazione del Paese in Europa ed ha dato sfortunatamente un tono comico al prestigio dell’Italia in molte branche del governo degli Stati Uniti”.  Continua a leggere

Nuova ed ennesima porcata del governo Berlusconi

Porcata multipla del governo Berlusconi.

legge vergogna ad personam

Nel vergognoso decreto milleproroghe, approvato ieri dalla maggioranza al senato, il governo ha aumentato il costo del biglietto del cinema di ben un euro, ma ha anche cancellato ai partiti (e quindi a loro stessi) le multe inflitte per affissione abusiva, che ammontano a ben un MILIARDO di euro!! (che dunque hanno risparmiato). La vergogna è decisamente più grave se si pensa che già i partiti prendono ogni anno circa quattro miliardi e mezzo di “rimborsi elettorali” facendosi  difatto beffe del referendum popolare che negli anni 90 aveva abolito il finanziamento ai partiti. Legittimano dunque una duplice ingiustizia, quando si tratta di essere indulgenti con loro stessi.

Il governo ha anche abrogato nuovamente il limite per le multe UE derivanti dalla quote latte agli allevatori “padani”, anche qui si tratta di un vergognoso favore fatto alla lega che pagheremo tutti noi contribuenti. Hanno poi bloccato a data da destinarsi, gli abbattimenti di case abusive in campania in zone a rischio e sottoposti a tutela di vincolo ambientale e culturale. Su questi abbattimenti vi sono sentenze di terzo grado passate in giudicato. Un altro fulgido esempio di come per la giustizia, questi della destra becera al governo, con i loro amici si interpreta “ad personam” nonostante le sentenze.  Continua a leggere

1994-2010: 16 anni di promesse non mantenute.

Scritto da: Sergio Rizzo

In Principio era l’ aliquota unica. Succedeva nel 1994, quando Silvio Berlusconi si apprestava a vincere le prime elezioni politiche e il suo guru fiscale si chiamava Antonio Martino, economista liberal della scuola di Chicago. Che per la campagna elettorale tirò fuori l asso nella manica; la flat tax. Ovvero, un aliquota unica Irpef del 33% per tutti i contribuenti. «Tutti pagheranno meno tasse e i poveri saranno esentati», spiegò al giornalista del Corriere Dino Vaiano. Giulio Tremonti, allora candidato dei pattisti, lo stroncò: «Miracolismo finanziario». Una volta arrivato al governo, Berlusconi spedì prontamente Tremonti nel frattempo passato con Forza Italia alle Finanze, Martino alla Farnesina e l aliquota unica nel dimenticatoio. Poi le aliquote diventarono due: 23% e 33%. Berlusconi prese l impegno solennemente in televisione davanti a Bruno Vespa, firmando il contratto con gli italiani. E il superministro dell Economia Giulio Tremonti si mise d impegno.

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Le ultime dieci menzogne di Berlusconi

Dalla questura al sesso con Ruby, le dieci menzogne di Berlusconi. Ecco le prove che smentiscono l’autodifesa del Cavaliere sullo scandalo che lo ha investito.

Si contano dieci menzogne nell’intervento televisivo di Silvio Berlusconi. Qui di seguito dimostriamo come le parole del premier siano variazioni falsarie. Costruiscono per l’opinione pubblica una fiction che appare in gran parte fasulla anche alla luce di quel che è già emerso dai documenti dellinchiesta di Milano. Le bugie nelle dichiarazioni del presidente del Consiglio devono negare come e perché sia riuscito ad esfiltrare dalla questura, sottraendola alla tutela dello Stato, una minorenne accusata di furto. Una minorenne con la quale il capo del governo ha intrattenuto, per lo meno per tre mesi, una relazione molto intensa, al punto che ci sono tra i due 67 contatti telefonici in 77 giorni. Impossibilitato a raccontare la verità su quella relazione, il premier è costretto a mentire ancora: parla di persecuzione giudiziaria; inventa una violazione della sua privacy; accusa la polizia di aver maltrattato le sue amiche: è unautodifesa che non accetta di essere verificata. “Non mi devo vergognare”, dice Berlusconi. Le sue dieci bugie lo dovrebbero convincere non solo a vergognarsi, ma anche ad assumersi la responsabilità di fare chiarezza davanti ai giudici e dinanzi al Paese. Ecco dunque le dieci bugie che, se necessario, integreremo nel corso del tempo.

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